Eventi

Le Cure Primarie nel XXI

Su quale modello di Cure Primarie è necessario rinnovare il nostro Servizio Sanitario Nazionale oggi?
Cronaca di una “corsista”.

(di: Elena Rubatto, CFSMG, Torino
e Giorgio Sessa, MMG, Palermo)

Bologna, 16-19 Febbraio 2018: oltre 60 giovani professionisti della salute hanno partecipato al laboratorio “Le Cure Primarie nel XXI secolo”.

All’ingresso vengono distribuiti badge home-made che riportano scritto il nome del partecipante e la seguente citazione:
“(…) la scienza è formidabile nel comprendere il comportamento di singoli fenomeni, ma non ha il potere di riconoscere l’interazione dei multipli fattori che sono essenziali per essere una persona sana inserita in una società sana. Noi, medici di famiglia e tutti i professionisti coinvolti nelle cure primarie, ci confrontiamo continuamente con questa complessità. Siamo situati nel punto in cui la scienza medica si interfaccia con i molteplici fattori che influenzano la salute. Per questa ragione, siamo nel posto giusto per guidare il cambiamento.”[1]

L’evento è stato il trampolino di lancio della Campagna “2018 Primary Health Care Now or Never” ideata durante il Workshop sulle Case della Salute tenutosi a Ferrara a Novembre 2017[2]. Obiettivo primario della campagna è promuovere una riforma dei sistemi sanitari basata sullo sviluppo di cure primarie caratterizzate da un’assistenza socio-sanitaria di tipo integrato o Comprehensive – Primary Health Care (C-PHC), in linea con con le indicazioni della Dichiarazione di Alma Ata del 1978[3], del “Ottawa Charter for Health Promotion” del 1986[4] e del “World Health Report – PHC Now More than Never” WHO 2008[5].

La necessità di riforma globale dei sistemi sanitari scaturisce dai cambiamenti demografici, epidemiologici e socio-economici in atto; in particolare, l’invecchiamento della popolazione, la netta prevalenza delle patologie croniche su quelle acute, l’assenza di crescita economica e l’innalzamento dell’età d’ingresso nel mondo del lavoro stanno minando la sostenibilità della spesa sanitaria pubblica e dunque dell’equità, universalità e gratuità dei sistemi sanitari.

Nel 1978 il cambiamento delle politiche sanitarie verso un modello PHC era considerato auspicabile da un punto di vista etico e sociale; nel 2008, alla luce della transizione demografica, epidemiologica e socio-economica in atto e delle aumentate disuguaglianze sociali e di salute in tutti i paesi, la Campagna WHO “PHC Now More than Never” richiama l’attenzione sulla necessità di recepire in modo reattivo le indicazioni di Alma Ata; dieci anni dopo nasce la Campagna “2018 PHC Now or Never” per sottolineare che la reattività è diventata urgenza ed il pericolo di trovarsi di fronte ad un’emergenza socio-sanitaria globale nel futuro prossimo è reale. Nasce, inoltre, per  richiamare le istituzioni, gli operatori sanitari e tutti i cittadini ad impegnarsi per determinare un repentino cambio di paradigma nell’organizzazione sanitaria.

Il laboratorio “Le Cure Primarie nel XXI secolo”, prima tappa di questo percorso di sensibilizzazione, è stato completamente auto-organizzato, auto-finanziato e pubblicizzato attraverso canali non istituzionali; ha avuto, però, una partecipazione sorprendente, in particolare da parte di giovani Medici di Medicina Generale, medici frequentanti il Corso di Formazione Specifica in Medicina Generale, specializzandi di altre discipline mediche, studenti di Medicina e Chirurgia, specialisti in Igiene e Salute Pubblica, antropologi, una psicologa, una farmacista e uno specialista in Medicina di Comunità e Cure Primarie. I partecipanti sono arrivati a Bologna da tutte le parti d’Italia per parlare di Cure Primarie.

Venerdì 16 febbraio, primo giorno del laboratorio,  si respira un’aria fresca e nuova all’interno dell’austera aula del Dipartimento di Igiene e Salute Pubblica di via S. Giacomo. Dopo un primo momento di timidezza e diffidenza, i partecipanti scoprono che non potranno essere semplici uditori; la prima sessione del laboratorio, infatti, comincia con la lettura delle riflessioni e domande dei partecipanti stessi. Riporto qui una delle più significative: “Come possiamo intervenire e cosa chiediamo alla formazione universitaria e post-laurea in previsione di un’auspicata rivoluzione culturale delle cure primarie?”
Seguono poi lavori a piccoli gruppi sulle caratteristiche che la letteratura ha definito essenziali per descrivere la qualità dell’assistenza nelle Cure Primarie. O meglio, quali sono le caratteristiche che trasformano le cure primarie in Comprehensive – Primary Health Care?

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“Primary Health Care”, infatti, indica un livello assistenziale comprensivo sia del termine inglese “cure” (trattare la causa organica di malattia) che del termine inglese “care” (prendersi cura globalmente della persona, presa in carico responsabile).

Durante questa fase, i gruppi hanno quindi ragionato su concetti fondanti l’Assistenza in Cure Primarie come “centrata sul paziente”, “integrata”, “appropriata”, “sostenibile”, “proattiva”, “continuativa”, “risolutiva”; questo esercizio ha generato discussione e dibattito centrando appieno l’obiettivo: stimolare una riflessione profonda su termini che risuonano nelle nostre orecchie tutti i giorni, sono scritti in articoli scientifici, normative di legge[6], brochure delle ASL e programmi di formazione, ma che rischiano di svuotarsi di ogni senso  se non proviamo a farli nostri declinandone i significati e arricchendoli con i nostri contenuti. Ragionare in modo condiviso su questi concetti ha permesso di riappropriarsi del potenziale rivoluzionario che avrebbero se fossero realmente calati nella pratica quotidiana clinico-assistenziale, spesso così drammaticamente lontana dai modelli teorici.

Il laboratorio è stato condotto seguendo una metodologia didattica non formale. La metodologia formativa predominante in Italia, infatti, richiede troppo spesso la totale passività degli studenti secondo la sequenza “ascolta-leggi-memorizza-ripeti ciò che hai memorizzato”. In questo Laboratorio si è scelto, invece, di adottare una metodologia didattica interattiva che richiede a chi è presente di partecipare e di esporsi, di trovare non solo le risposte, ma anche di formulare e condividere le proprie domande, scambiare opinioni e saperle argomentare.

Durante le giornate di Sabato e Domenica sono intervenuti due ospiti internazionali dal Brasile e dal Portogallo:
Paulo Celso Nogueira Fontão, specialista in Medicina di Famiglia e Comunità, Professore della Facoltà di Santa Marcelina e Coordinatore della Scuola di Specializzazione di Medicina di Famiglia e Comunità (Santa Marcelina – Sao Paulo, Brasile) e Martino Gliozzi, Specialista in Medicina Generale e Familiare, Coordinatore dell’Unidade de Saúde Familiar da Baixa di Lisbona.

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Paulo, in qualità di testimone storico della riforma sanitaria Brasiliana avviata nel 1988, racconta il percorso che ha concretamente reso possibile l’instaurarsi di un sistema sanitario basato sulla C – PHC, il Sistema Unico di Salute (SUS), in un paese che aveva alle spalle 20 anni di dittatura militare e un’assistenza sanitaria a regime esclusivamente privato. Elementi fondamentali sono stati il coinvolgimento della popolazione (partecipazione sociale), la volontà di collaborazione tra diverse figure professionali (multidisciplinarietà e intersettorialità), la costruzione di un’assistenza basata sul contesto (epidemiologia di prossimità) e infine il riconoscimento della medicina di famiglia come disciplina accademica attraverso l’istituzione di corsi universitari in Medicina di Famiglia e Comunità e dell’omonima Specializzazione Universitaria.
Dalle parole appassionate di Paulo emerge il concetto fondamentale alla base del modello sanitario “comprehensive”: la salute, riprendendo la definizione fornita dal WHO nel 1948, è “uno stato di completo benessere fisico, sociale e mentale, e non si identifica con la sola assenza di malattia o infermità”. A completamento di questa definizione, nel “Health Promotion Glossary”, l’Ottawa Charter identifica alcuni pre-requisiti  fondamentali per la salute: pace, risorse economiche sufficienti, alimentazione adeguata, un’abitazione, un ecosistema stabile ed un utilizzo sostenibile delle risorse. Il riconoscimento di questi pre-requisiti evidenzia il collegamento ineludibile tra le condizioni sociali, economiche ed ambientali, lo stile di vita dell’individuo e la sua salute[7]. L’approccio della C-PHC richiede di prendere in considerazione contemporaneamente tutti gli aspetti che influiscono sul benessere della persona ed implica obbligatoriamente la cooperazione di tutte le figure professionali, i servizi e le istituzioni coinvolti (istruzione, lavoro, politiche sociali, politiche ambientali), generando così multiprofessionalità e multisettorialità.
Citando Paulo: “Lavoriamo per le persone, e con le persone. Non possiamo chiuderci nei nostri ambulatori seduti sulle nostre sedie, dobbiamo uscire e penetrare nella comunita’, sporcarsi i vestiti se necessario”.

Martino Gliozzi, invece, è un giovane medico italiano che, dopo aver conseguito la laurea in Medicina e Chirurgia a Bologna, ha deciso di trasferirsi in Portogallo per specializzarsi in Medicina Generale e Familiare. All’età di 35 anni coordina l’Unidade de Saùde Familiar (USF) da Baixa a Lisbona affiancato da un’equipe di dieci medici, interamente costituita da operatori under-35. Ogni medico lavora in micro-equipe con un infermiere e un segretario clinico; quest’ultimo è una  figura professionale riconosciuta proveniente da un percorso formativo specifico mirato alla gestione amministrativa di un USF (equivalente di Casa della Salute).

Il Medico di Famiglia, in Portogallo come in Brasile, è un dipendente statale che garantisce l’assistenza longitudinale al cittadino,  comprese le cure prenatali delle donne gravide, l’assistenza ai bambini dal primo mese di vita, la gestione di tutte le condizioni di cronicità dei suoi pazienti ed anche le cure palliative primarie. All’interno dell’orario lavorativo sono comprese diverse ore di riunione multidisciplinare con finalità differenziate: discussione di casi clinici, organizzazione del lavoro, formazione. L’equipe interpreta tali riunioni come un vero e proprio atto clinico-assistenziale necessario per garantire la continuità di cura, la dinamicità assistenziale e il clima di fiducia tra i membri del team. La comunicazione con gli Specialisti ospedalieri è resa semplice e immediata grazie a sistemi informatici condivisi tra USF e Ospedale.

Entrambi gli ospiti hanno portato esempi virtuosi di sistemi sanitari nei quali le Cure Primarie e la Medicina di Famiglia giocano un ruolo chiave nella presa in carico globale della persona e sono qui per sostenere la Campagna Italiana “2018 Primary Health Care: Now or Never”.
Gli interventi di Paulo Celso Nogueira Fontao, Martino Gliozzi e Fernando Leles risvegliano le coscienze e responsabilizzano rispetto al grande ritardo accumulato dal nostro Paese nell’avviare le riforme necessarie per la sopravvivenza e la sostenibilità di un Servizio Sanitario Nazionale universale basato sulle Cure Primarie.

Nel pomeriggio di domenica ha avuto luogo una discussione in plenaria, durante la quale sono stati identificati le criticità attuali e gli elementi ritenuti essenziali per la trasformazione della medicina generale in Italia:

  • Il riconoscimento della Medicina Generale  come disciplina accademica universitaria.
  • Istituzione a livello nazionale di corso pre-laurea  in Medicina Generale e Cure Primarie e della rispettiva specializzazione universitaria che preveda la stesura di Curriculum basato sulle Competenze.
  • Adeguamento dei percorsi formativi degli operatori sanitari alle linee guida internazionali WHO[8] e Lancet Commission[9].
  • Attuazione della normativa vigente (Decreto Balduzzi[10], ACN) con una reale transizione della Medicina Generale italiana verso una maggiore integrazione multiprofessionale e multidisciplinare, attraverso la costituzione di  Case della Salute[11] che rispondano agli elementi fondanti e caratterizzanti le cure primarie[12].

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Lunedì 19 febbraio 2018 viene lanciata ufficialmente la Campagna “2018 Primary Health Care: Now or Never”.
Ad aprire la giornata vi è un altro illustre ospite: Fernando LelesOficial Especialista em Sistemas e Serviços de Saùde della OPAS/OMS – Organizzazione Panamericana della Salute, OMS Sudamerica.
Leles focalizza il suo intervento sull’efficacia dei sistemi sanitari basati sulla Comprehensive – PHC, rispetto a modelli sanitari differenti. Primary Health Care, spiega Leles, non significa fornire un primo livello di cure caratterizzato da una bassa qualità dell’assistenza selezionando negativamente le persone appartenenti alle fasce sociali più deboli per non farle accedere al secondo e terzo livello (meccanismo del “Gate Keeping”). PHC significa, invece, la creazione di un sistema che permette di fornire all’intera popolazione, a prescindere dalla fascia sociale di appartenenza, un’assistenza socio-sanitaria caratterizzata da standard di qualità definiti e con l’intento di promuovere la salute in modo equo, universale, gratuito.

Barbara Starfield et al. affermano:
Gli sforzi volti al raggiungimento di un miglior livello di salute a fronte di un contenimento dei costi stanno rapidamente diventando essenziali. Le cure primarie possiedono l’efficacia e l’efficienza per raggiungere tale obiettivo. Le evidenze dei benefici di un sistema fortemente basato sulle cure primarie sono abbondanti e consistenti. Questi benefici non sono limitati solo a uno o a pochi aspetti della salute, ma bensì, estesi a tutte le maggiori cause di morte e malattia come anche alla riduzione delle disuguaglianze in salute in tutti i sottogruppi di popolazione, incluse le minoranze razziali ed etniche, ad adulti e bambini appartenenti alle fasce socialmente deprivate”[12].

L’efficacia ed efficienza della Primary Health Care è stata riconosciuta anche dalla Banca mondiale che nel 2015 ha avviato una collaborazione – Primary Health Care Performance Initiative (PHCPI)[13] – con WHO e Bill & Melinda Gates Foundation mirata a supportare, nei paesi economicamente più svantaggiati, lo sviluppo di sistemi sanitari basati sulla PHC. La PHCPI si propone anche di implementare la raccolta e la sistematizzazione dei dati relativi all’efficacia (cost-effectivness) della PHC e dispone di un database online che garantisce l’accesso a più di 3000 articoli[14].

Infine, a sostegno della Campagna, Fernando Leles racconta una breve favola morale:
“Durante il suo lungo cammino per raggiungere un lontano santuario, un pellegrino si imbatté in un’enorme cava dove alcuni uomini stavano scolpendo dei grossi blocchi di pietra. Gli uomini erano tutti sudati, pieni di polvere e visibilmente affaticati.
Il pellegrino si avvicinò al primo uomo che batteva con fatica il martello sulla pietra e gli chiese: “Che cosa stai facendo?”. L’uomo molto irritato gli rispose: “Non lo vedi? Sto martellando a fatica questa stupida roccia e non vedo l’ora di finire questo maledetto lavoro per tornarmene a casa”.
Più il là c’era un secondo spaccapietre ed il pellegrino gli rivolse la stessa domanda: “Cosa stai facendo?”. L’uomo, che sembrava più diligente ed interessato al suo lavoro rispose: “Sto lavorando questo blocco di pietra per costruire un muro. E’ un lavoro molto faticoso ma lo faccio per mantenere la mia famiglia”.
Il pellegrino continuò a camminare e si imbatté in un terzo spaccapietre. Anche questi era molto stanco e sudato, batteva con fervore il martello sulla pietra scolpita egregiamente e di tanto in tanto si fermava per ammirare il suo lavoro. Alla domanda: “Cosa stai facendo?” l’uomo sorrise e rispose con orgoglio: “Non vedi? Sto costruendo una cattedrale!” e guardò in alto indicando la grande costruzione che stava sorgendo sulla cima della montagna.”

Saremo capaci di rivoluzionare il sistema sanitario verso un modello di Comprehensive – Primary Health Care solamente guardando con gli occhi del terzo spaccapietre.
Nella nostra “cattedrale” la salute è garantita come diritto umano fondamentale in modo equo, gratuito e universale; il medico del futuro, per garantire questo diritto nell’attuale panorama sociale, economico, epidemiologico, è chiamato ad uscire dagli ospedali e dagli ambulatori per collaborare con altre figure professionali, con altri settori e servizi, con le istituzioni e con la comunità a cui appartiene.
I Medici di Medicina Generale, insieme agli altri professionisti delle Cure Primarie, se lo vorranno, potranno guidare questa trasformazione.


[1] Thomas P Comprehensive Primary Health Care: a New Phase? Lond Jour Prim Care 2008
[3] Primary Health Care: Report of the International Conference on Primary Health Care. Alma-Ata, URSS, 6-12 settembre 1978. Geneva: World Health Organization, 1978.
[4] World Health Organization. The Ottawa Charter for Health Promotion. Adopted on 21 November 1986.
[5] World Health Organization. The World Health Report 2008 – Primary Health Care (Now More Than Ever) 2008
[6] Ministero della Salute. Piano Nazionale della Cronicità. 2016

[7] World Health Organization. The Health Promotion Glossary. 1998

[8] Transforming and scaling up health professionals’ education and training: WHO Education Guidelines 2013
[9] Frank J, Chen L et al. Health professionals for a new century: transforming education to strengthen health systems in an interdependent world. The Lancet Commissions. Lancet 2010.
[10] Legge 08 novembre 2012, n. 189. Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 13 settembre 2012, n. 158, recante disposizioni urgenti per promuovere lo sviluppo del Paese mediante un più alto livello di tutela della salute (12G0212).
[11] Ardigò M, Sintoni F, Brigida M La Casa della Salute. Centro Studi e Ricerche in Salute Internazionale e Interculturale (CSI), Dipartimento di Scienze Mediche Chirurgiche, Università di Bologna. 2015.
[12] Starfield B, Leiyu S, James M. Contribution of primary care to health systems and health. Milbank Quarterly 2005

 

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